INSAZIABILE

Immagine esposta alla edizione 2023 di Zeropixel, rassegna dedicata alla fotografica argentica, a tema Climax; Trieste, dal 16 al 26 novembre 2023.


Insaziabile
Insaziabile – stampa alla gelatina d’argento su carda Ilford FB Classic, 30,5 x 40,5 cm; trattamento al selenio.

Fin dalle origini del medium, la Fotografia si è confrontata con la rappresentazione del corpo e con il Nudo; nel XIX secolo era un tentativo, da parte della nuova tecnica di produzione di immagini di rapportarsi al Classico e di sublimare un concetto di Bellezza declinato sul corpo femminile. Ma dopo l’avvento delle Avanguardie è ancora attuale parlare di Bellezza riguardo un nudo femminile?

No; la Bellezza, come valore estetico nelle Arti Visive, è morta un secolo fa, proprio quando la Fotografia – con Man Ray e Duchamp – finalmente è stata annoverata tra le Arti.

Al nostro tempo, nel XXI secolo, il riferimento alla bellezza femminile nella fotografia di nudo è diventato basso strumento di marketing.

Se nudo voglio fotografare, voglio che sia “disturbante”, che graffi. Come una grattugia graffia la pelle.

La dedica:
  • Insaziabile è il titolo di questa foto che è ovviamente una metafora: il piacere fisico può essere saziato, quello che non si sazia mai è il piacere derivante dall’avere potere sulle persone, come fanno i politici che ci riempiono di promesse che poi coprono con bugie.
  • E poi certamente è un nudo, femminile. Penso che oggi pensare al nudo femminile come ideale di bellezza – quando in arte la bellezza non è più un valore da oltre un secolo – sia assolutamente ipocrita e profondamente maschilista. Fotografare il nudo in modo estetizzante (Diego Mormorio lo definisce “FOTOGRAFIA EPICA”) è addirittura anacronistico e dopo aver letto la sua definizione sono entrato in crisi anche rispetto ai miei nudi precedenti; sono belli, sono miele sulle labbra. Ma adesso per me il nudo ha senso solo se è DISTURBANTE, come sapone negli occhi.
  • Perciò ringrazio la modella che si è prestata per questa foto; dopo aver letto Mormorio, lei senza saperlo è diventata la Musa di questa mia svolta. Peccato non possa vantarsene, perché lei proprio modella non lo era: per qualche anno è stata la compagna del mio cammino; io solo di una parte segreta del suo.
  • Se a volte è meglio non fare una fotografia per godersi il momento irripetibile e se, come diceva Barthes, averla fatta invece proietta irrimediabilmente quel momento nel passato – e proviamo qualche emozione quando le vecchie polaroid ricompaiono da un cassetto – penso che quando una foto nasconde un segreto – un tatuaggio che non si può mostrare, un letto sopra il quale non saremmo dovuti essere – allora quel legame sancito dalla fotografia è come un debito che non si estingue mai, un legame che obbliga ad avere fiducia di chi quella foto l’ha scattata.

La Fotografia testimonia “ciò che è stato” diceva Barthes e, nel caso di un ritratto, il ça a été è la testimonianza  di un incontro tra due persone mediato da una macchina (fotografica); un in/contro che per essere stato fotografato è già proiettato nel passato, nel ricordo: tutte le fotografie evocano un ricordo, quasi sempre il ricordo di un passato concluso.

Ma se la fotografia nasconde un segreto, allora non è più solamente un ricordo: il segreto rinnova continuamente un legame, una tacita intesa, tra due parti – il fotografo e il fotografato – che è anche un rapporto di forza tra chi lo conserva e chi teme la rivelazione.

La fotografia adesso nasconde il paradosso: chi, con le bugie, ha tradito la fiducia è condannato per sempre ad aver fede in chi nasconde la scomoda verità.