“Macchina gialla!”
“Macchina gialla” è un giochino un po’ stupido che aiuta i bambini a superare la noia di un lungo viaggio in auto con la famiglia, o in autobus andando a scuola. Osservano la strada e i parcheggi alla ricerca di un’automobile – o di un mezzo qualsiasi – di colore giallo e chi lo individua per primo può sferrare uno schiaffo (al fratellino, alla sorellina o al compagno di sedile) urlando questa frase per certificare l’avvistamento.
Ovviamente il fratello maggiore, o lo studente furbetto, approfittando della velocità, spesso bara a questo gioco, così da vendicarsi sul fratellino piccolo per il furto di un giocattolo: la frase arriva tardiva e l’avversario, che nel frattempo ha subìto il colpo, non può verificare la verità della visione e così inizia il litigio. Anche in questo tribunale la fotografia sarebbe accolta come prova.
Questo giochino un po’ scemo potrebbe anche essere un buon esercizio di osservazione per un fotografo urbano: individuare qualcosa di giallo e, invece di colpire con uno schiaffo la persona più vicina – ignara e sfortunata –, scattare una foto.
Odio la cosiddetta “street photography” che va di moda in questi tempi. Vedo fotografi in cerca di affermazione (e di clienti per i loro workshop) aggirarsi come rapinatori per le piazze, armati della loro nuova Leica digitale (in bianconero!) sparare fotografie a caso in faccia alla gente (con la stessa rapidità di raffica che io uso per le foto sportive!) e mi chiedo: quante tra queste migliaia di foto memorizzate nella card della camera lo saranno anche nella loro mente?
Io credo che un fotografo debba acquisire la foto prima nella sua mente che nella sua fotocamera: dovrebbe cercare, guardare e osservare, per poi vedere, nella Natura del Paesaggio e nella Natura delle Persone con la stessa furba ingenuità con cui i bambini cercano la “macchina gialla”; è la qualità che ogni fotografo dovrebbe possedere per poi trasferire nelle proprie fotografie – anche eventualmente nei lavori commerciali che poi farà persino in studio – questa esperienza di conoscenza attraverso le immagini sedimentate nella propria memoria.
“Vedo giallo!”
“Vedo giallo” è un gioco di osservazione e a volte di pedinamenti; già Franco Fontana nei suoi workshop invitava a cercare il rosso. Amo viaggiare e camminare nelle città da solo, coi tempi che richiede il mio passo e la lentezza della mia osservazione; raramente mi annoio perché sono sempre curioso, però ogni tanto mi piace tornare monello e estraggo dalla tasca la mia vecchia Minox GT, caricata con pellicola a colori, e mi metto a cercare “qualcosa di giallo”. Il limite delle 36 pose aggiunge disciplina allo sguardo: queste non sono mai “scatti rubati”, come si usa nella “street photography”, al contrario spesso derivano da un appostamento, dall’attesa, da una selezione preliminare del soggetto, da una elaborazione della mia mente che poi diventa ricordo. Scatto una sola volta, una sola foto, senza guardare nel mirino perché ho “già visto” prima, con la fotocamera silenziosa tenuta lungo il fianco o all’altezza di ombelico.
Il colore del sole diventa il “fil… jaune” che unisce questa serie di fotografie: ognuna di queste è la documentazione di un ricordo, è un regalo che la realtà ha concesso alla mia osservazione, un prelievo, un object trouvé che l’occhio meccanico ha sposato con l’occhio umano.
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